La leadership è spesso vista come una virtù che richiede autenticità. Vengono elogiati i leader che sono autenticamente se stessi, che “dicono le cose come stanno” e che rifiutano di scendere a compromessi per le apparenze. In un mondo stanco del gergo aziendale, della politica e di altre forme di spin, l’autenticità può essere una boccata d’aria fresca. Si posiziona come indicatore di forza, integrità e trasparenza.
L’ossessione per l’autenticità della leadership è diventata eccessiva?
Autenticità senza freni
Prendiamo Donald Trump. Il suo stile di leadership è largamente influenzato dalla sua visione del mondo. Ha una visione transazionale della politica globale e diffida delle istituzioni multilaterali. Preferisce inoltre una diplomazia da uomo forte. Non ha cambiato improvvisamente idea quando ha deciso di imporre tariffe sul commercio, di sganciarsi dalla NATO o di avvicinarsi a leader autocratici. Si trattava di opinioni che aveva da tempo. Tecnicamente, era genuino.
Il suo approccio, tuttavia, ha talvolta alienato gli alleati, indebolito le partnership globali e creato incertezza sia in patria che all’estero. Il suo stile di comunicazione “senza filtri”, spesso elogiato come “reale”, ha esacerbato le tensioni diplomatiche e minato la credibilità delle istituzioni.
Essere se stessi non rende virtuosi
L’autenticità senza filtri si basa sul presupposto che “essere fedeli a se stessi” significa intrinsecamente essere buoni. Ma la leadership autentica va oltre l’espressione di sé. Si tratta di autocontrollo e di assunzione di responsabilità per le proprie parole e azioni.
La leadership si ottiene meglio quando le azioni intraprese sono bilanciate rispetto ai bisogni degli altri, alla situazione attuale e al bene comune. Essere se stessi funziona solo se i propri valori, comportamenti e pregiudizi sono in linea con le esigenze degli altri. Insistere sull’autenticità è dannoso quando non è così.
I pericoli associati all’autoindulgenza
Ammettiamolo: non tutti i tratti della personalità o le convinzioni dovrebbero essere espressi. Non è coraggioso abbracciare l’impazienza o la schiettezza di un leader, ad esempio, in nome dell’autenticità.
I leader troppo attaccati alle proprie prospettive possono limitare l’innovazione, soffocare la delega e ostacolare la collaborazione.
Integrità vs. autenticità
La questione non è se essere autentici o meno, ma piuttosto come mantenere l’integrità. La leadership autentica non è una licenza per assecondare ogni opinione o impulso. Dovrebbe basarsi su principi più fondamentali, come la compassione, l’umiltà e il desiderio di crescere.
La trasparenza non è l’obiettivo. Si tratta di allineare i valori alle azioni e di adattare i comportamenti per servire meglio gli altri. Ciò richiede un alto livello di autoconsapevolezza da parte dei leader.
Il cambiamento e l’adattabilità non sono inautentici
L’adattabilità non è sinonimo di debolezza. L’adattabilità non è un segno di debolezza.
Questo non significa che i leader debbano essere camaleonti. Significa avere una bussola interna stabile, unita all’intelligenza emotiva, in modo da sapere quando parlare e ascoltare, e quando cambiare direzione.
Guidare gli altri
Oggi la leadership non è solo espressione di sé. È importante essere in grado di creare fiducia con persone di diversa estrazione, di bilanciare convinzione e curiosità e di tradurre i valori in azioni, anziché limitarsi a enunciarli.
L’obiettivo non è “vivere la propria verità”. L’obiettivo è creare un ambiente in cui gli altri possano prosperare. Ciò richiede più di una leadership autentica. Sono necessarie flessibilità, disciplina ed empatia.
La domanda più difficile
La prossima volta che valutate l’autenticità di un leader, o la vostra, ponetevi la domanda più difficile: Sono fedeli ai valori che elevano gli altri? O stanno solo promuovendo un’immagine?
La leadership non consiste nell’essere se stessi. Si tratta di essere la persona che gli altri vogliono che voi siate, in modo etico, saggio e con uno scopo.